07 Ott Le font prima del computer
C’è stato un tempo in cui le font non erano alla portata di tutt*. Oggi invece le trovi ovunque: nel tuo computer, nel tuo smartphone, su un sito, un blog, sui social e su Canva. Una volta invece le font erano solo interesse di chi lavorava nel settore grafico, tipografico o similare.
Ad essere chiari una font non è altro che il file di un carattere tipografico e i computer fino a un po’ di anni fa non erano alla portata di tutti. La diffusione dei pc (e delle font) si deve alla Apple che nel 1984 lanciò sul mercato il Macintosh, il primo computer in assoluto ad essere user-friendly cioè con un’interfaccia comprensibile da tutti. Con il computer arrivano così anche i primi programmi di scrittura e di grafica e con loro una libreria di font da cui attingere.
Nell’uso quotidiano le font sono diventate una modalità espressiva dei propri gusti: c’è chi usa quelle calligrafiche, più romantiche, chi quelle lineari, più seriose, chi ancora le più bizzarre. Ciò che vogliamo raccontare non lo facciamo solo con le parole ma anche scegliendo la tipologia di font.
Nel passato invece si scriveva usando la propria grafia, più o meno bella, e solo alcuni si allenavano per avere una scrittura più gradevole. E anche oggi usando la propria scrittura non tutti siamo in grado di realizzare diversi stili, più che altro sappiamo scrivere in corsivo e in stampatello.
Ma prima dell’avvento del digitale davvero le persone comuni si affidavano solo alla penna (e alla propria scrittura) e non sceglievano le font?
Font analogiche: la macchina da scrivere
In realtà esistevano tanti strumenti che permettevano di scrivere senza usare una penna o una matita. Il più ovvio e scontato è la macchina da scrivere. Ricordo che un giorno mio padre ritornò da casa dei miei nonni con una macchina da scrivere color avio: entusiasmo a palla ma solo per le prime ore – diciamo pure che ero troppo piccola per apprezzarne il fascino. 👧
Viaggi nel passato a parte, ho scoperto che le macchine da scrivere non usavano tutte lo stesso carattere tipografico. Ogni brand aveva il proprio e c’era addirittura chi offriva la possibilità di cambiare le lettere e sostituirle con un carattere diverso.
Oggi è più facile che usiamo una font in stile macchina da scrivere che l’oggetto in sé. Ne esistono a centinaia che imitano l’imperfezione della lettere impresse dai martelletti ma forse la più famosa è l’American Typewriter.
Voluta dai due designer Joel Kaden e Tony Stan, è stata sviluppata negli anni ‘70 per preservare il fascino e l’iconicità della macchina da scrivere ormai in disuso. Di certo non immaginavano che si sarebbe diffusa a livello globale: oggi infatti la troviamo in ogni ogni computer della Apple.
C’è da dire che la macchina da scrivere non era un oggetto così casalingo e quindi il confronto con il rapporto che abbiamo oggi con le font non è proprio calzante.
Esiste però un altro strumento di scrittura dalle tante font: ti dice nulla la parola Letraset?
I fogli Letraset e il punk
La Letraset era un’azienda produttrice di fogli con lettere trasferibili su qualsiasi superficie grazie alla tecnica della decalcomania. Una vera rivoluzione!
I caratteri Letraset erano una soluzione democratica all’uso della tipografia per due motivi: erano semplici da usare e costavano pochissimo. In commercio si potevano acquistare diversi set dai caratteri più disparati, da quelli solo lettere e numeri a quelli con simboli e figure.
Ecco l’esempio perfetto delle font prima del computer! Disponibili per tutti e facili da usare, bastava grattare con una penna la lettera per vederla trasferita dal foglio ad un altro supporto.
L’uso dei Letraset si diffuse moltissimo soprattutto nella scena punk dando vita a copertine di album, poster, logo e fanzine. Ciò che offrivano le lettere Letraset era la possibilità di dare voce (e immagine) alle proprie idee senza doversi affidare a professionisti esterni. Insomma, era il DIY della grafica.
Il normografo e l’amata etichettatrice
Esistono anche altri strumenti per scrivere senza la penna. Uno di questi è il normografo, una lastra di plastica con lettere intagliate. Facile da usare con la penna giusta, è disponibile in diversi caratteri, dai più lineari ai corsivi.
Mi è capitato di usarlo al liceo durante le ore di disegno architettonico. Era una cosa che proprio non faceva per me. Lasciatemi con matita e squadre e mi rendete felice ma fatemi ricalcare con la penna linee o lettere e mi avrete fatto il più grosso torto. Ogni volta mi sbavavano il disegno con il risultato che dovevo ricominciare tutto daccapo. No, il normografo non mi piace. 😒
C’è un altro strumento invece che mi piace moltissimo e che è ritornato in voga da qualche anno: l’etichettatrice. Manuale (io ho quella) o elettronica, permette di creare etichette personalizzate. La più diffusa è quella della Dymo (questa per intenderci) con le caratteristiche lettere bianche in rilievo su sfondo colorato (nero, rosso, verde).
Questa cosa che è di voga non la dico io ma la dimostra il fatto che addirittura è disponibile nella versione font. Da qualche tempo infatti la troviamo un po’ ovunque, soprattutto nelle app per creare post e storie per i social.
Una su tutte è Unfold, la mia app preferita preferita per fare le stories. La font si chiama Impact io la uso moltissimo, soprattutto nella versione sfondo nero e testo bianco.
💡 Un piccolo consiglio: se anche tu vuoi iniziare a usarla applicala a testi brevi, titoli o frasi di impatto, perché alla lunga stanca (non è fatta per testi lunghi da leggere).
Le font quindi in un certo qual modo erano disponibili anche in passato e, chissà, forse erano apprezzate di più. Oggi ci ritroviamo immers* da font di tutti i tipi e non sappiamo mai quale scegliere.
Ti svelo un segreto: noi grafic* tendiamo ad usare sempre le stesse, un po’ perché ci affezioniamo, un po’ perché trovata la font giusta (fatta bene, leggibile, chiara) non la si molla più.
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