Prodotti MUJI

MUJI: 25 anni e non sentirli

Il mio primo vero articolo lo dedico a MUJI, multinazionale giapponese che produce capi di abbigliamento, complementi di arredo e accessori da viaggio e che quest’anno compie 25 anni di presenza in Europa. Per l’occasione ha organizzato diversi eventi e iniziative, che si aggiungono ai workshop e incontri che svolge durante tutto l’anno e di cui parlerò più tardi.

MUJI l’ho scoperta quando mi sono trasferita a Milano durante una lezione in università: una ragazza stavo sottolineando con un evidenziatore particolare (quello a doppia punta) e le ho chiesto dove l’avesse comprato. Da allora ho iniziato ad acquistare prodotti e non ho più smesso.

Un po’ di introduzione storica è d’obbligo: l’azienda nasce nel lontano dicembre del 1980 come linea di prodotti per la catena di supermercati “The Seiyu”. Il nome originale è “Mujirushi Ryohin“, abbreviato successivamente in MUJI, e il cui significato delle parole è corrispettivamente «no brand» e «merci di qualità». Bisognerà aspettare il 1983 per l’apertura del suo primo store come indipendente e il 1991 per sbarcare sul mercato europeo con un negozio a Londra. Da allora MUJI ha fatto tanta, tantissima strada, ad oggi ha aperto ben 312 store solo in Giappone e 344 nel resto del mondo.

Il successo di MUJI ha fatto sì che diventasse l’emblema del design giapponese: linee pulite, essenziali, oggetti privi di decorazione, estremamente funzionali ma al tempo stesso belli. Eppure non esprime la tradizionalità dello stile giapponese, in negozio non troviamo gli oggetti tipici della loro cultura. La sua vera conquista è stata quella di restituirne l’estetica, ovvero superamento del lusso a favore della semplicità, e di rendere questo concetto globalmente riconosciuto.

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Un ruolo importante è stato svolto dai designer, primo fra tutti Kenya Hara, art director dell’azienda dal 2002. La sua attività è stata fondamentale perchè condividendo l’idea di semplicità sposata da MUJI, è stato in grado di restituirla nella sua massima espressione.

 


” Muji is no product-creation project, but one of aesthetic sensibilities and inspirational power.”

Kenya Hara


 

In un’intervista per il magazine Cereal, Kenya Hara descrive molto chiaramente la sua filosofia, filosofia che riscontriamo nei prodotti di MUJI, e che esprime con il concetto di vuoto: il designer racconta che il vuoto è massima libertà, può accogliere ogni significato. Un oggetto “vuoto” non ti limita, non ti obbliga ad un preciso utilizzo, non ha una sua personalità, non è invasivo. La sua natura fa sì che sei tu a plasmarlo, a renderlo esattamente come lo vorresti, l’oggetto ti appartiene di più perchè è stato capace di incanalare le tue emozioni.


Credo che questo concetto sia molto chiaro negli oggetti di MUJI, la loro estrema semplicità, i loro colori tenui, la loro discrezione, il loro essere al servizio della persona li rende più eterni. Se ho bisogno di una penna, di una camicia, di una ciotola, di qualsiasi oggetto non troppo pretenzioso, sono sicura di entrare da MUJI e trovare esattamente quello che voglio. I suoi prodotti per me sono come dei fogli bianchi pronti ad accogliere ciò che voglio esprimere.

Ciò che adoro di più è la sensazione che provo quando entro in negozio: mi sembra di entrare in un’altra dimensione, di passare immediatamente dal caos della città alla quiete che solo MUJI come store riesce a trasmettermi; i profumi, i suoni, i sorrisi e la gentilezza di coloro che lavorano al suo interno, l’insieme di tutti questi aspetti  creare un ambiente in grado di rilassarmi. Io e il mio ragazzo eravamo solo di passaggio per l’acquisto di una giacca, in teoria, in pratica un commesso si è avvicinato per avvisarci che stavano chiudendo. Abbiamo passato più di un’ora in negozio senza accorgercene e saremmo rimasti ancora se non ci avessero gentilmente “cacciati fuori”.

Ciò racconta molto della capacità di MUJI di creare un’atmosfera in cui l’acquisto è solo la parte finale di un’esperienza più complessa. Quando compri un’essenza non stai acquistando solo un aroma per il tuo diffusore ma l’odore che avrà la tua casa. Sembra una cosa banale ma MUJI è stata in grado di enfatizzare questa esperienza.  A ciò si unisce anche l’attenzione per la qualità e l’ambiente e per il comfort della persona.

Come anticipavo all’inizio, MUJI organizza diversi incontri. Qualche mese fa ho partecipato ad un workshop realizzato per far conoscere il progetto “Otsuchi Sashiko”, che approderà nei negozi europei nel periodo invernale. Nel 2011 il forte terremoto che scosse il Giappone, danneggiò gravemente la città Otsuchi-cho: mentre gli uomini si occupavano della ricostruzione della città, un gruppo di cinque giovani misero in piedi un’attività che potesse occupare il tempo delle donne e che fosse in grado di offrire un aiuto economico. Questa attività consiste nel vendere prodotti tessili ricamati nella tecnica Sashiko.

MUJI ha aderito all’iniziativa con un progetto supervisionato dal designer tessile Akira Minagawa che per l’occasione ha disegnato un modello a forma di riccio di mare. Il progetto prende il nome di “UNI”, termine che concentra sia il significato della parola giapponese «uni», ricci di mare – prodotto tipico della città colpita dal terremoto – che il termine inglese «unite». La volontà è quella di dare speranza alla città diffondendo l’attività Sashiko attraverso il passaparola e il coinvolgimento di sempre più persone.

Per il workshop sono arrivate donne dalla città di Otsuchi che ci hanno raccontato il progetto e illustrato la tecnica aiutandoci a ricamare dei fazzoletti. E’ stata un’esperienza davvero bella non solo perchè ho appreso una tecnica di una cultura così lontana, ma soprattutto per il coinvolgimento e l’entusiasmo delle persone del progetto, felici della nostra partecipazione. Nonostante l’ostacolo della lingua – le donne che ricamavano conoscevano solo il giapponese – hanno fatto il possibile per esprimersi e farci apprendere la tecnica con passione e affetto.

Questa esperienza mi ha convinta a ritornare da MUJI, non solo per i suoi bei prodotti ma anche per la sua sensibilità e attenzione verso le persone e la cultura giapponese.  

 

Photo credits: MUJI




La storia di Muji. Dal blog di Marianna Milione

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